Con 88.899 adesioni – e il numero aumenterà ulteriormente nei prossimi giorni – il mondo della scuola ha espresso un secco no contro l’autonomia differenziata.
Sono state, infatti, raggiunte e largamente superate le 80 mila firme a supporto del progetto contro la regionalizzazione del sistema istruzione disegnata nel novembre scorso dal governo Meloni.
Ora, la proposta di legge di iniziativa popolare – portata avanti dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale e i sindacati Uil Scuola Rua, Flc Cgil e Gilda Unams – ha tutte le carte in regola per poter essere presentata in Parlamento.
IN MIGLIAIA PER LA SCUOLA NAZIONALE. UNA BATTAGLIA VOLUTA DA TUTTI
Gli americani, in questi casi, utilizzerebbero l’espressione 80k and counting (il dato crescerà ulteriormente, il termine per la raccolta firme è fissato al 9 maggio), magari arricchendola con toni pirotecnici e sensazionalistici, forse eccessivi, ma stavolta si potrebbe dargli ragione. Perché? Perché la raccolta firme contro la regionalizzazione della scuola cela dietro al grande risultato molte belle notizie.
La partecipazione è stata massiccia, sentita e diversificata. A prendere parte all’iniziativa, non è stato solo il personale della scuola, ma anche, e soprattutto, i cittadini comuni.
Hanno firmato e aderito studenti, giovani, donne e uomini che hanno dimostrato di credere nella scuola come bene comune da sottrarre a logiche produttive e alle incursioni della politica del territorio.
In poche parole, abbiamo detto che, in Italia, la scuola non si divide e deve continuare a rappresentare il luogo principale per la costruzione dell’eguaglianza sociale.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA: LE CONSEGUENZE SUL SISTEMA ISTRUZIONE
Quello della regionalizzazione è un leitmotiv che spunta ciclicamente nel dibattito politico. Per citare tempi recenti, la regionalizzazione della scuola aveva già compiuto un passo per l’approvazione nel 2018, quando la cosiddetta “autonomia differenziata” era stata illustrata in Consiglio dei Ministri, dando così il via alla discussione nei palazzi della politica nazionale sulla formazione delle leggi di stampo regionale.
A febbraio il Consiglio dei ministri ha approvato infatti all’unanimità, in via preliminare, il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Che cos’è? Non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una regione a statuto ordinario di autonomia legislativa sulle materie di competenza concorrente. Quali sono? Solo per citarne alcune, la sicurezza del lavoro, le professioni, la tutela della salute, l’ordinamento sportivo e appunto, l’istruzione.
L’AUMENTO DELLE DISUGUAGLIANZE
Oltre ad aver creato dubbi all’interno della maggioranza, la proposta di Calderoli è stata fortemente criticata da sociologi, economisti, docenti universitari e media. Ne vengono contestati gli aspetti tecnici, ma soprattutto effetti sociali, che rischiano di aumentare le disuguaglianze territoriali.
L’istruzione non fa eccezione. Come sottolineato dalla Uil Scuola Rua in questi mesi di assemblee, convegni ed eventi a tema autonomia, la regionalizzazione metterebbe a repentaglio il concetto stesso di scuola nazionale e statale, influenzando programmi, offerta formativa, percorsi di alternanza scuola lavoro, concorsi, graduatorie, accesso e opportunità per il personale scolastico, mobilità e stipendi, causando un ulteriore aumento dei divari.
Le regioni potrebbero inoltre decidere in maniera autonoma l’assegnazione di contributi alle scuole paritarie e regionalizzare sia i fondi statali per il diritto allo studio che il trattamento economico del personale. In sostanza, una serie di meccanismi scolastici altamente differenziati in base alla regione e basati sulle risorse economiche delle singole regioni. Ciò comporterebbe il venire a mancare dell’unitarietà dell’istruzione.
Paolo Riggio, Ufficio stampa Uil Scuola Rua
La Segreteria Territoriale UIL SCUOLA BRESCIA